Feedback: il superpotere che nessuno ti ha insegnato a usare

Cosa significa davvero “feedback”? Ti sei mai chiesto perché in certi momenti una semplice parola o frase riesce a cambiarci la giornata, il modo di lavorare o persino di vedere noi stessi? Quella parola è il feedback. Non è solo un giudizio, né un’occasione per elogiare o bacchettare qualcuno. È una bussola che aiuta a orientarsi, un riflesso che ci permette di capire come stiamo andando. Ma da dove arriva questo concetto così semplice e, allo stesso tempo, così potente?

Per capire il feedback dobbiamo fare un piccolo viaggio nel tempo. L’idea di dare e ricevere feedback nasce nell’ambito delle scienze ingegneristiche. A inizio ’900, il termine veniva usato per descrivere un sistema che si auto-correggeva in base alle informazioni ricevute. Più avanti, con l’arrivo della psicologia comportamentale e l’era della gestione aziendale, qualcuno ha pensato: “Ehi, ma questo potrebbe funzionare anche con le persone!” Ed è così che il feedback è entrato nel mondo del lavoro e nelle relazioni personali, trasformandosi da un termine tecnico a uno strumento di comunicazione.

“Il feedback è l’arte di aiutare gli altri a vedere ciò che non possono da soli”

Margaret Heffernan

Nel tempo è cambiato. Negli anni ’60 e ’70, con l’avvento della formazione manageriale, il feedback è diventato un mantra nei corsi di leadership: un modo per migliorare le performance, stimolare il cambiamento e costruire fiducia. Oggi, nell’era della connessione digitale, il feedback è ovunque: dai sondaggi online ai like sui social, dai meeting di lavoro agli scambi più informali. Ma attenzione: non tutto quello che chiamiamo feedback lo è davvero.

Perché funzioni, il feedback deve essere dato bene. Serve ascolto, chiarezza e… tatto. Prima di tutto, il feedback deve essere specifico. Dire “Bravo!” o “Hai fatto male” è inutile. Meglio puntare su qualcosa di concreto: “Mi è piaciuto come hai gestito quella riunione, soprattutto il momento in cui hai risposto con calma alla critica.” Deve essere tempestivo. Aspettare settimane per dire qualcosa non serve: l’impatto si perde. Infine, deve essere costruttivo. È qui che molti falliscono. Criticare senza proporre soluzioni è come dire a qualcuno che sta affogando: “Sai che l’acqua è davvero fredda?”

Un famoso caso è quello di Pixar. La casa di produzione ha fatto del feedback uno strumento chiave. Durante lo sviluppo dei suoi film, i team si riuniscono regolarmente per analizzare il lavoro. Ogni commento è pensato per aiutare, mai per demolire. Questo metodo ha permesso di creare capolavori come Toy Story e Inside Out. Altro esempio, più quotidiano ma non meno importante, viene dalla scuola. Pensa a un insegnante che, invece di dire a un alunno “Hai sbagliato questo esercizio”, aggiunge: “Prova a ragionare da un altro punto di vista, sono sicuro che ci arrivi.” È un piccolo gesto, ma può fare la differenza nel modo in cui il ragazzo affronta gli errori.


In sintesi, il feedback non è solo un modo per comunicare, è un motore di crescita. Oggi è fondamentale perché viviamo in un mondo in cui l’adattamento e il miglioramento continuo sono la regola, non l’eccezione. Che si tratti di lavoro, scuola o vita personale, il feedback ci aiuta a essere più consapevoli e a costruire relazioni più forti. E se fatto bene, non è solo utile: è un regalo. Un regalo che dice: “Io ci tengo a te e voglio che tu cresca.”

E tu, cosa ne pensi? Hai già provato a mettere in pratica qualche idea? Fammi sapere


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